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SU' NURAGHE APS 27-03-2020

“Sa cinesa”, tre ottave di Luciano Sechi per Su Nuraghe

Fin dai primordi, il ruolo sociale del poeta e della poesia è stato quello di trasmettere la storia di un popolo, il suo credo e le sue ideologie rappresentati in una cornice mitica ai confini della leggenda.

I versi - quando la scrittura era ancora di là da venire - venivano composti rigorosamente in rima per essere affidati al canto e permettevano una più facile memorizzazione per tramandare il messaggio in modo fedele.

In Sardegna, la poesia è ancora cantata. Sul palco delle feste di paese, non è raro assistere a dispute, gare poetiche a bolu, composte al volo dagli improvvisatori, che si sfidano componendo e cantando in versi su temi sorteggiati a caso poco prima della competizione.

Taluni versi entrano nel parlare comune come detti sapienziali, altri vengono trascritti e riprodotti a stampa, diffusi da venditori ambulanti assieme a foglietti della fortuna.

Da questo antico ceppo, nasce la poesia composta a tavolino, la cui destinazione privilegiata è quella di essere musicata e cantata, rispettando il canone a tonu sardu, sia per contenuti religiosi o politici sia, più genericamente, civili.

In questo ambito si inserisce la poesia “Dimonios”, divenuto inno ufficiale della Brigata Sassari, composto e musicato dal Tenente Colonnello Luciano Sechi di Magomadas (Oristano), all'epoca Capitano in forza alla Brigata.

E di Luciano Sechi è la poesia Sa cinesa (Setzidebos su culu in domo), “La cinese (state a casa)”, rigorosamente composta in endecasillabi, inserita quale sussidio didattico del laboratorio linguistico “Eya, emmo, sì: là dove il sì suona, s'emmo e s'eya cantant”, proposto dal Circolo Culturale Sardo di Biella in tempo di coronavirus.

Il prossimo appuntamento del Laboratorio è martedì 31 marzo, alle ore 21, attraverso collegamento Skype.

“Mando queste tre ottavas dedicate al momento che stiamo vivendo - comunica Luciano Sechi - unitamente al plauso e ai saluti alla comunità isolana che vive all’ombra del Mucrone, ringraziando quanti danno anima e corpo per la salvaguardia della nostra lingua. Ogni stilla gettata nel mare della conoscenza e della cultura serve a non dimenticare, a preservare, a conoscere, a lasciare in eredità un tesoro per chi verrà dopo di noi. Poco interessa - continua il compositore dell’Inno della Brigata “Sassari” - in quale variante della nostra lingua si scriva e ci si esprima... Tutte son belle e significative, espressione dell'anima di ogni più piccolo villaggio. Non sono molto lontani - ricorda - i tempi in cui ai bambini, a cui scappava a scuola qualche parola in sardo, veniva data ... una sonora bacchettata. Sono sempre lieto di partecipare, per quel che posso, alla vita culturale del Circolo”.

Simmaco Cabiddu

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